Incongruità

Su Mente e Cervello in edicola in questi giorni, un articolo di Kevin Dutton intitolato I maestri della persuasione.
Ci sono un paio di spunti interessanti.
Il primo è un aneddoto che mi pare un bell’esempio di comunicazione strategica:

Prendiamo, per esempio, la storia del re di Francia Luigi XI, un incrollabile sostenitore dell’astrologia.
Quando un cortigiano predisse correttamente la morte di un membro della casa imperiale, il re si preoccupò che l’avere alla sua corte un simile indovino potesse minare la sua autorità.

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Mapping

Il 22 aprile scorso ho tenuto una lezione di Proacademy sul Mapping; sulla possibilità, cioè, di rappresentare idee e progetti in una struttura che non sia semplicemente quella lineare che il nostro modo di scrivere e rappresentare il pensiero utilizza regolarmente.
Condivido un paio di riflessioni.

La dittatura della logica lineare di rappresentazione del pensiero ha un padre: la stampa a caratteri mobili.
Dal momento della sua diffusione il genere umano è stato in grado di produrre testi a costi relativamente bassi, purché fossero strutturati attraverso l’utilizzo, appunto, di una rappresentazione lineare del pensiero (il susseguirsi delle parole sul foglio).
In quel momento avviene il divorzio tra parola e immagine.
Prima, infatti, era comune trovare forme di rappresentazione del pensiero nelle quali immagini e parole convivevano e nelle quali, anzi, era proprio l’immagine a fare da struttura allo scritto.

Quello che vedete è un dettaglio della rappresentazione della cosiddetta “Torre della Sapienza”, un’immagine che si trova in varie versioni nei codici medioevali, nella quale, appunto, l’immagine fa da guida e da struttura al testo: le parole sono posizionate in modo che il loro pieno significato sia compreso leggendole all’interno dell’immagine della torre.

La Torre della Sapienza

Per esempio, osservando il dettaglio della base della Torre, l’articolazione (lineare) del discorso che sta alla base di questa rappresentazione potrebbe essere tradotta in questo modo:

“La Torre della Sapienza ha a suo fondamento l’Umiltà (scritta alla base).
Si regge su quattro colonne, che sono le quattro virtù cardinali (infatti, ogni virtù sta scritta su una colonna): Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza.
Non soltanto, ogni colonna ha una base e un capitello, su cui sono scritte delle parole che sono in relazione con ciascuna virtù.
Per esempio, la colonna della Prudenza ha come base la Diligenza e come capitello il Consiglio.
Questo significa che la Prudenza si basa sulla Diligenza e fa da supporto al Consiglio.”

E via discorrendo, fino a mappare diverse centinaia di informazioni in una sola vista sinottica.
Mi pare che questo esempio spieghi bene come la rappresentazione lineare della conoscenza, assieme a molti vantaggi, porti con sé anche molti limiti. E quali siano, viceversa, le potenzialità del mapping.

Obiettivo del mapping è, infatti, proprio superare questi limiti, anche perché i vincoli tecnologici da cui questi stessi limiti derivavano ormai sono superati da tempo.
Si apre, allora, un’ampia possibilità in termini di comunicazione: quella di rappresentare la conoscenza attraverso strutture non lineari (o, per lo meno, non unicamente lineari).

Fatte queste premesse, quali sono, allora, le caratteristiche che deve possedere un mapping efficace?

Credo siano, essenzialmente, due:

  1. Deve esserci coerenza tra i mezzi espressivi e la struttura del campo di conoscenza che i mezzi stessi devono rappresentare.
  2. Le stesse informazioni devono essere leggibili a diversi livelli di profondità, a seconda delle esigenze di chi deve usufruire delle informazioni e delle conoscenze mappate.

Sono, mi pare, proprio questi i vantaggi sostanziali che si possono trarre da rappresentazioni non lineari di idee o di progetti.
Naturalmente, ciascuno di noi, in questo senso, usa (spesso in maniera inconsapevole) il mapping.
Un suo uso strategico e supportato da conoscenze ed esperienze, però, potrebbe davvero fare una certa differenza in ottica di eleganza ed efficacia della comunicazione.

Del resto, che cos’altro ha fatto se non questo Hans Rosling con la sua rappresentazione dello sviluppo economico e demografico che abbiamo conosciuto qui?

Il tema mi sembra fertile, mi riprometto di tornarci presto.

 


Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui

 

Il venditore ed il problema del talento

Sul terzo numero di Vendere di più, un mio articolo sulla relazione tra talento e successo, con l’attenzione focalizzata alla figura del venditore.

Eccolo.

Venditore si nasce?

Ovvero, del problema del talento e del quoziente d’intelligenza, per capire se quando investire su un aspirante venditore. Fino a un certo punto…

Molti tra i venditori con cui mi è capitato di confrontarmi si sono detti convinti che “venditori si nasce”.
Questo non significa che non ci siano spazi per una continua crescita professionale – chi comprerebbe, altrimenti, una rivista come questa?
Ma, per portare a risultati davvero interessanti, questa crescita si deve innestare su un “talento” innato, e la probabilità di successo è direttamente proporzionale a questo stesso talento.

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La storia da raccontare

Mi sono riascoltato un intervento di Malcolm Gladwell (chi legge questo blog conosce il mio debole per questo autore) tenuto a TED.
Parla del sugo per gli spaghetti.
L’ho riascoltato perché in questi giorni mi viene da pensare alla questione delle piccole cose. Ne ho scritto nel mio post precedente, precisando il mio dubbio che la ricerca di un significato (o di una lezione, se la vogliamo dire così) dietro ad episodi minimi non sia un eccesso di analisi (e che, forse, fare economia di pensiero non sarebbe poi tanto male).
Ora, Gladwell, invece, fa esattamente il contrario.
Da piccole storie, trae insegnamenti spesso contro-intuitivi e, comunque, sempre stimolanti.
Converrete che partire dall’analisi del mercato dei sughi per spaghetti per arrivare a concludere che

è abbracciando la diversità tra gli uomini che troveremo una strada più sicura che ci porti verso la felicità

è un salto acrobatico degno del Circo Barnum.

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Una piccola riflessione su dettagli e perfezionismo

Una premessa: ho il sospetto che questo post sia più un “eccesso d’analisi” da parte mia, che un commento ad un fatto che possa avere un qualche rilievo pratico per me o per qualcuno di voi. Se così fosse, fatemelo sapere nei commenti.

Il fatto da cui parto è questo: ho passato la Pasqua a Roma con la mia famiglia. Sono salito su uno dei bus panoramici che permettono un tour di alcune delle zone più belle della città, il tutto condito da una audioguida multilingue.

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Sindrome sul blog di Harvard

Si chiama Sindrome, ed è il cattivo del film d’animazione “Gli incredibili“, della Pixar Animation Studios.

In maniera un po’ provocatoria, l’ho reso protagonista di un mio articolo sul blog di Harvard Business Review.
Mi pare, infatti, che il suo piano per diventare “il più grande dei supereroi” ci suggerisca qualcosa di importante circa la leadership e la comunicazione circa il tempo.

Spero di aver solleticato la vostra curiosità…

L’articolo lo trovate qui:

Vanquish the Time-Management Villain

Se volete lasciarmi dei commenti in inglese, vi chiedo di farlo direttamente sul blog di Harvard, mentre se volete commentare in italiano, questo è il posto adatto.

Questione di àncore (e di un po’ di rancore)

Alcuni lettori del blog mi hanno chiesto di riportare qui l’articolo che ho scritto per il primo numero di “Vendere di più“.
Eccolo.


L’antivenditore

Questione di àncore (e di un po’ di rancore)

Non sono un venditore, e credo non lo sarò in futuro.
Piuttosto, sono vittima di venditori. Nel senso che mi è capitato spesso, in passato, di ritrovarmi tra le mani oggetti di cui, un secondo dopo il fatidico “sì, lo compro”, ho capito che avrei potuto tranquillamente fare a meno… anzi, avrei voluto fare a meno.
Questa rubrica, quindi, è dedicata a quelli che, come me, attratti dall’ultima mirabolante offerta speciale, hanno, almeno un paio di volte nella vita, provato quella stretta allo stomaco che ti fa dire “ma come caspita ha fatto quel venditore (o quel genio del marketing) a farmelo acquistare?”

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Professione speechwriter

In un bell’articolo su Newstatesman, Sophie Elmhirst rende conto di alcune interviste a famosi speechwriters, descrive questa professione e sottolinea le molte differenze nei modi in cui questo mestiere viene interpretato negli Stati Uniti rispetto alla Gran Bretagna.
Le pagine sono ricche di spunti interessanti.

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L’antivenditore

Inizia dal numero pubblicato in questi giorni la mia collaborazione con la rivista “Vendere di più – Strumenti e idee per venditori”.
Mi pare si tratti di una bella idea, realizzata bene sia dal punto di vista dei contenuti, che del contenitore.
Non essendo io un venditore (e nemmeno occupandomi di formazione delle forze vendita), ho deciso di chiamare la mia rubrica, in maniera un po’ provocatoria,  “L’antivenditore”, assumendo così il punto di vista di chi, come me, vede il processo dal punto di vista di chi acquista (e, magari, si vuole difendere da qualche venditore particolarmente scaltro).

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Tesi, antitesi e sintesi nel processo formativo

Qualche tempo fa vi ho lasciato una riflessione circa il processo decisionale basato su tesi, antitesi e sintesi invece che sulla valutazione equanime delle alternative in gioco, sottolineando alcune applicazioni attuali e potenziali di questo tipo di setting di discussione.

In questi giorni mi è capitato, durante una lezione, di volere spiegare perché, di fronte ad alcune specifiche domande, insistessi nell’adottare un atteggiamento da “avvocato del diavolo”, utilizzando deliberatamente argomentazioni controintuitive e provocatorie. Ho fatto ricorso proprio a questa distinzione nei modelli di decision making.

Vorrei condividere un paio di riflessioni su quanto è accaduto.

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