Worklife Balance

L’ultimo libro di Sebastiano ZanolliIo, società a responsabilità illimitata” è ricco di spunti e provocazioni davvero interessanti (non che mi aspettassi qualcosa di diverso…)
Ne colgo una, perché ha a che vedere con un tema su cui sto riflettendo in questi giorni:

    Tenete presente che sempre di più il tentativo di ottenere un “worklife balance“, il bilanciamento tra vita professionale e personale, separando chiaramente le due aree, come parlassimo di massa grassa e massa magra, è una chimera.
    È l’idea di un tempo andato, in cui o si era a casa o si era nei campi con i buoi.
    Ora si è sempre ovunque in qualsiasi momento.
    Si è tutto in tutti i momenti.
    Pensare di tagliare in due o più la vita non funziona.
    È la centratura personale da cercare, il centro di gravità permanente dell’io, non impossibili frullati esistenziali con un terzo di… un terzo di… un terzo di…
    Capacità di essere uno sempre, non molti a volte.

Mi è capitato spesso di sentirmi dire, in questi ultimi mesi, che il worklife balance non è una questione di tempi.
È una questione che ha più a che vedere con i sensi di colpa.
Quando sei al lavoro, ti senti in colpa per il tempo non dedicato a figli, coniuge, genitori, amici.
Quando sei a casa, il senso di colpa è per quel che hai lasciato, incompleto, sulla scrivania…

Una volta ho sentito una frase che mi ha colpito: Non educare tuo figlio al senso del dovere e ne farai un irresponsabile, non educarlo al senso del piacere, e ne farai un incapace.

Mi sto sempre più convincendo che, per recupare un autentico “worklife balance” c’è più bisogno di educazione al senso del piacere che al senso del dovere…
Avete idee o esperienze da condividere?

6 commenti
  1. micio1970 dice:

    E’ piaciuto molto anche a me questo passaggio di Sebastiano sul “worklife balance”. A mio avviso è un equilibrio dinamico che ciascuno di noi deve cercare di crearsi cercando di svincolarsi il più possibile dai luoghi comuni e dai retaggi di culture passate (stare al lavoro fino a tardi = alta produttività). A me piace lavorare la Domenica, se lo devo fare … le idee migliori le ho avute mentre correvo … sto leggendo e commentando questo post in orario di lavoro … i confini sono sempre più sfumati.

  2. Luca dice:

    Grazie per il commento
    Sono d’accordo, i confini sono sempre più sfumati e l’equilibrio dinamico. Proprio per questo la questione non si risolve con una bilancia…

  3. Massimiliano dice:

    Argomento ostico che trova poco spazio in azienda rispetto a quello che meriterebbe. Sono da poco nel mondo del lavoro, ma mi sono spesso domandato quale sia il giusto mix tra privato e non. Sicuramente esistono diversi equilibri che si delineano sia dall’educazione ricevuta sia dal contesto nel quale uno cresce. Partendo dalla scala di valori che uno si sceglie deve raggiungere il suo personale status di benessere. Spesso si tende a confondere il benessere personale con la stima che la società che ti circonda ti dà. Credo che nella società moderna i vecchi valori siano forse fuori moda, e molto più apprezzato quanto vali in termini di denaro. Si perde così ciò che realmente sei e che vuoi. Si cerca l’apprezzamento ed è sicuramente più facile ottenerlo eccellendo in uno o nell’altro campo, ma a quale prezzo? Vi voglio raccontare un aneddoto. Per il lavoro che faccio sono spesso catapultato in ambienti diversi e mi piace osservare ed ascoltare i discorsi della gente. Mi è da poco capitato di ascoltare durante un pranzo in una mensa aziendale, una donna che raccontava alla collega del suo percorso di carriera. Questa signora sosteneva che parte della sua carriera è stata penalizzata dalla famiglia, perchè mentre lei faceva orari ridotti a causa degli impegni familiari, in azienda chi si fermava fino a tardi magari non lavorava più di lei ma aveva la possibilità di partecipare a determinati giochi di potere dai quali era esclusa per il solo fatto di non essere presente. Questa è la sintesi del discorso ma si collega al caso (più lavoro = più produttività). E se fosse un problema di misurazione. In contesti grossi spesso il lavoro delle persone non viene valutato perchè non c’è il tempo ed erroneamente si usa come metro di valutazione il tempo.

  4. Luca dice:

    Grazie Massimiliano per il tuo contributo.
    Sabato scorso ho tenuto una lezione nella quale, ad un certo punto, si è parlato proprio di ciò che tu hai descritto: una cultura aziendale secondo la quale fermarsi fino a tardi al lavoro rappresenta un segnale di fedeltà all’azienda e di produttività.
    Mi capita spesso di ripetere che un teamleader consapevole delle dinamiche sulla gestione del tempo deve consentire ai membri del suo team di stabilire (e/o negoziare) dei confini, perché spesso all’interno di questi confini si crea valore per l’organizzazione e per le persone…

  5. Fabio Valle dice:

    Personalmente non apprezzo il passo di Sebastiano che trovo scritto non chiaro.
    Ma ha ragione sul fatto che ci sono falsi concetti di Work-Balance (ma l’ha detto meglio Jack Welch). Quello del Work-Life balance e’ un paradigma non corretto perche’ troppo semplice. Non e’ solo questione di come bilanciare le 2, ma di capire ad ogni momento quali sono gli obiettivi e come raggiungerli. Quindi prima di tutto e’ un equilibrio dinamico, non statico. Se ad un certo punto tuo foglio sta male, cambiano le priorita’ o se crolla l’azienda. E poi si deve ragionare in termini di obiettivi e ‘gradiente’ di utilita’. Come creo meglio valore per la mia vita… Al netto dei sensi di colpa che sono alla fine dei ‘corti circuiti’… Scriviamo qualcosa?

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.