Decidere costa fatica

La mente umana è uno strumento notevole, ma con i suoi limiti.
Alcuni studi recenti si sono concentrati proprio sull’analisi di uno di questi limiti, che ha a che vedere con l’utilizzo di una particolare funzione della mente, detta executive function.
Quando ci focalizziamo su un compito specifico per un periodo prolungato, oppure quando assumiamo una decisione (anche la più banale), stiamo utilizzando l’executive function.
Ora, il “serbatoio” di energie della executive function (executive resources) è tutt’altro che inesauribile, e la qualità delle decisioni che assumiamo (o la capacità di rimanere concentrati su un compito) diminuiscono man mano accumuliamo (senza adeguato riposo mentale) compiti di questo tipo.

Questo significa che se, per esempio, abbiamo utilizzato le nostre executive resources per decidere quali piatti ordinare da un menu, potremmo avere molte meno risorse da spendere su decisioni ben più importanti e rilevanti.
Attività non correlate tra loro, ma che utilizzano l’executive function, possono influenzare la nostra capacità di assumere decisioni appropriate e corrette.

 

Che cosa ci stanca? Commitment e tradeoff

Ma quali tipi di attività “stancano” di più?
Kathleen Vohs della University of Minnesota ha condotto una serie di esperimenti che hanno dimostrato che proprio i processi di decision making spremono a fondo le executive resources.
Per esempio, in uno studio i ricercatori hanno trovato che i partecipanti che avevano assunto una serie di decisioni in un centro commerciale erano meno costanti ed efficaci nella soluzione di semplici problemi algebrici. In un’altra attività dello stesso studio, studenti che avevano dovuto scegliere quali corsi frequentare per soddisfare le esigenze del loro piano di studi, erano poi più propensi a procrastinare nella preparazione di importanti test.
Perché prendere decisioni è così impegnativo dal punto di vista della “executive function”?
Gli studi evidenziano due componenti importanti: l’impegno e la risoluzione di tradeoff.
Il primo componente ha a che vedere con l’impegno che verrà richiesto, una volta assunta una decisione, per passare dalla scelta all’implementazione. In altre parole, si deve passare dal “pensare alle opzioni” all’agire sulla base di una decisione. Questo passaggio, secondo Kathleen Vohs, richiede executive resources in abbondanza.
Il secondo, come dimostrano gli studi di Nathan Novemsky della Yale University, ha a che vedere con il fatto che scegliere un’opzione e scartarne altre è molto più faticoso rispetto, per esempio, ad ordinare per importanza diverse opzioni.

 

Implicazioni pratiche sul decision making

Questi studi hanno implicazioni pratiche rilevanti.
Sembrano suggerire che il cervello funzione come un muscolo: quando è affaticato diventa meno efficace.
Per questo, nel momento in cui dobbiamo assumere una decisione importante, dovremmo tenere conto di quante executive resources abbiamo già utilizzato focalizzando la nostra attenzione su attività particolari, oppure esercitando una serie di piccole scelte apparentemente banali. Se l’ammontare è eccessivo, forse è meglio rimandare la decisione.

Ancora una volta, si dimostra come le attività di decision making siano affette da una serie di variabili tali da renderle qualcosa di molto lontano dal processo oggettivo e calcolato che ci vien fatto d’immaginare.

Via Scientific American

 

 

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