Questioni di privacy
Luca De Biase provoca un interessante dibattito su un tema che, ciclicamente, trova spazi in rete e sugli altri media: la privacy.
Vorrei proporre una lettura non ortodossa, partendo da un’affermazione dello stesso Luca:
Le conoscenze che le aziende hanno delle persone sono uno dei fondamenti del loro potere di contrattazione (oltre che la base della loro azione promozionale). Le cose che non si conoscono delle aziende e delle persone, sono peraltro ambiti intorno ai quali si può confrontare l’abilità negoziale, la creatività relazionale, la libertà dai controlli.
Parto da un assunto fondamentale di molte delle teorie e dei modelli che hanno a che vedere con il tema della negoziazione (inteso in senso ampio): quello che viene definito il dilemma del negoziatore.
Consiste, il dilemma, nello scegliere quale cornice negoziale dare al processo o ad una fase dello stesso.
Si tratta di rispondere alla domande: quella che stiamo affrontando è una negoziazione distributiva oppure una negoziazione integrativa?
Si definisce come “distributiva” una negoziazione nella quale ci si trova di fronte alla classica “torta da spartire”. Il valore in gioco è dato, il processo negoziale ha come obiettivo una efficiente spartizione del valore stesso tra le parti.
Nel caso della negoziazione “integrativa”, invece, il valore non è dato, nel senso che il processo negoziale si pone l’obiettivo di aumentare il valore stesso (eventualmente, ma non necessariamente, prima di spartirlo).
Va da sé che uno stesso processo negoziale potrebbe presentare momenti di tipo distributivo e momenti di tipo integrativo.
Il problema rilevante che sta dietro a questa banale distinzione è che l’obiettivo di una strategia negoziale dipende in maniera totale dalla cornice nella quale avviene la negoziazione: nel caso della negoziazione distributiva, infatti, l’obiettivo della strategia (e delle tattiche negoziali conseguenti) è il conseguimento del maggior potere contrattuale possibile. Nel caso, invece, della negoziazione integrativa, l’obiettivo della strategia è la generazione di ipotesi alternative di accordo.
Ora, proprio qui risiede il dilemma.
Nel primo caso, infatti, fornire informazioni significative è svantaggioso (e, di converso, ottenere informazioni significative è vantaggioso e conferisce potere), nel secondo caso fornire informazioni significative può portare a trovare nuove soluzioni e opzioni creatrici di valore.
Essendo le parti coinvolte almeno due, se una agisce in una cornice integrativa, mentre l’altra agisce in una cornice distributiva, la prima si trova, con il proprio comportamento, a favorire la controparte.
In questo senso, la prima, fondamentale scelta per costruire una strategia negoziale è quella di stabilire la cornice negoziale, sapendo che un atto di apertura dal punto di vista informativo può rappresentare un vantaggio (magari incolmabile) per l’avversario, se questo agisce in logica distributiva.
Il centro, quindi, è una questione circa l’uso delle informazioni. Per questo credo che il tutto abbia una qualche attinenza in tema di privacy.
In un quadro di tipo distributivo, dove l’informazione è potere, la sua salvaguardia è indispensabile.
In un quadro di tipo integrativo, lo scambio di informazioni è il miglior modo per creare valore.
È possibile, allora, e mi pare in qualche modo produttivo, leggere allo stesso modo il dilemma della privacy.
Da un lato, potrebbe essere interesse delle parti (il consumatore e le aziende, il cittadino e l’ente pubblico) condividere informazioni per progettare soluzioni che creino valore (e qui si innesta tutto il tema della co-creazione di valore) in ottica integrativa, dall’altro c’è il timore che, se l’altra parte inquadra il processo in una visione distributiva, sfrutterà in modo manipolatorio le informazioni fornite.
Dilemma, quindi.
Forse non risolvibile, senz’altro non facilmente.
Due considerazioni finali.
La prima: la comunicazione di chi vuole ottenere le informazioni dovrebbe essere centrata sull’esplicitazione di questo dilemma, mostrando (e provando) come le informazioni possano creare valore.
La seconda: molto spesso (proprio a causa del set nel quale avvengono i processi negoziali) le parti sopravvalutano il potenziale di conflitto, adottando strategie che, per il loro essere eccessivamente conservative, non permettono l’ottimizzazione in termini di creazione del valore.
Credo che questa considerazione valga anche per quanto concerne il discorso sulla privacy
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!