Mind reading
Sul suo blog per Nòva100, Luca Chittaro sviluppa un ragionamento interessante, a partire dalle capacità telepatiche. A quel che dice, le nostre scarse capacità di “leggere nel pensiero” altrui, specie per quanto riguarda i loro giudizi nei nostri confronti (metapercezione), avrebbero a che vedere con la differenza tra il modo con cui ragioniamo su noi stessi e quello con cui ragioniamo sugli altri.
In particolare, quando ragioniamo su noi stessi tendiamo ad essere estremamente specifici, a concentrarci sui dettagli, a tenere conto dell’influenza del contesto.
Quando ragioniamo sugli altri, al contrario, tendiamo a generalizzare e ad astrarre.
Credo che questo concetto trovi un facile riscontro nell’esperienza di ciascuno: guardiamo a noi stessi in ottica di complessità, agli altri in ottica di semplificazione.
Ora, interessante la considerazione di Chittaro a proposito di public speaking:
Ad esempio, se dobbiamo fare una presentazione in pubblico, noi come relatori tenderemo a valutare le specifiche parole scelte, le singole frasi formulate, ogni piccolo dettaglio visivo delle trasparenze proiettate; chi ci sta invece a sentire tenderà a valutare di più il nostro messaggio complessivo e lo stile generale di presentazione.
Per rispondere in maniera realistica ad una domande del tipo “che impressione sto dando?” oppure “che cosa stanno pensando di me?“, quindi, è importante riuscire ad astrarre dal modo in cui vediamo noi stessi, per adottare le strategie che di solito utilizziamo per costruire le nostre visioni e rappresentazioni degli altri.
Operazione, in sé, non semplicissima.
Si tratta, infatti, di utilizzare un tipo di “lente” che abbiamo a disposizione (il nostro modo di guardare agli altri), applicando questa stessa lente, però, a noi stessi e alla propriocezione.
Chittaro offre anche un suggerimento:
La principale tecnica concreta sperimentata è stata quella del “pensare a sé, ma guardandosi dal futuro”.
In letteratura è stato infatti documentato come l’immaginare di essere nel futuro, guardando al momento presente come se fosse nel passato, ci fa ragionare su noi stessi in termini più astratti.
Vale a dire, pensando a sè, ma immaginando di guardare la propria performance oratoria (nel nostro esempio) come se essa fosse accaduta nel passato attiva i filtri della generalizzazione e dell’astrazione facendoli agire in maniera abbastanza naturale anche su noi stessi (e gli esperimenti illustrati nell’articolo lo dimostrano). Si avvicina, in questo modo,la nostra percezione di noi stessi con quella altrui.
In Programmazione Neurolinguistica questi tipi tecniche hanno a che vedere con la capacità di modificare la propria posizione percettiva dalla prima posizione (io stesso) alla seconda posizione (mi metto “nei panni” del mio interlocutore o dei miei interlocutori).
Credo che queste considerazioni possano dare ulteriore spessore a queste strategie e tecniche.
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