Reincorniciare

Lo scorso sabato verso le 18 e 30, di ritorno da una lezione al MIP, mi sono imbattuto nella trasmissione “La rosa purpurea”, su Radio24, un programma settimanale dedicato al cinema.
Tra le anticipazioni, “Il padre dei miei figli”, ritratto (drammatico e reale, visto che si è ispirato alla vita di Humbert Balsan) di un produttore cinematografico francese totalmente dedito al suo lavoro e alla sua famiglia, morto suicida.

La storia è narrata con gli occhi della moglie (lo si deduce dal titolo), interpretata da Chiara Caselli.

Mi ha colpito un dialogo tra il produttore e la moglie:

L’uomo: “Non ce la faccio più: è finita
La donna: “Che cosa significa è finita
L’uomo: “Un totale fallimento
La donna: “È soltanto finanziario. Pensa a tutto quello che hai costruito finora, guarda quante opere esistono soltanto grazie a te, quanti registi hai reso famosi, e che ti sono riconoscenti”.

Questo è ciò che la Programmazione Neurolinguistica chiamerebbe un modello Sleight o Mouth Un altro risultato. Robert Dilts lo definisce così:

Il modello Sleight of Mouth Un altro risultato implica la creazione di affermazioni che spostino l’attenzione delle persone su un obiettivo diverso piuttosto che su quello indirizzato da un particolare giudizio o da una particolare generalizzazione, o implicito in essi. Lo scopo del modello è mettere in discussione (o rinforzare) la pertinenza del giudizio o della generalizzazione.

Si tratta di una manovra per nulla banale.

Ora, mentre ascoltavo il dialogo (sarà perché uscivo da una lezione in cui di strutture e modelli comunicativi si era parlato parecchio), mi sono subito ritrovato a pensare “ecco un buon esempio di modello Sleight of Mouth”, e a decodificarne la struttura.
Il pensiero successivo è stato: “Ma come, di fronte ad un profondo atto d’amore, ed alla magia di una donna che, istintivamente, per supportare il marito in un momento così difficile, lo invita ad allargare il suo orizzonte di giudizio, il tuo pensiero va a quale modello linguistico ha utilizzato, e come?”

Mi è tornato in mente il titolo di uno dei libri fondativi della PNL, “La struttura della magia” di Bandler e Grinder.

E credo che nessun titolo lo avrebbe potuto spiegare meglio.

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