Bisogni formativi

Spesso la progettazione di un percorso di formazione deriva dal fatto che un teamleader lamenti una scarsa propensione da parte dei collaboratori all’indipendenza e all’assunzione di responsabilità.
Che fare, allora?
Formarli, è spesso la risposta.
E così si riempiono aule (sia aziendali che interaziendali).
Ma quali possono essere le cause della scarsa propensione di cui sopra?

Provo ad abbozzare una risposta. Le cause possono essere di due tipi:
– le persone non posseggono le capacità necessarie a svolgere i compiti
– le persone non sono disponibili a svolgere i compiti.
Naturalmente, le due cause possono anche convivere: le persone non sono nè capaci nè disponibili.
E la mancanza di disponibilità, a sua volta, può avere cause diverse.
A me ne vengono in mente due:
– mancanza di autostima (non sarei in grado)
– mancanza di motivazione (chi me lo fa fare?)

E’ chiaro che, per ciascuno di questi casi, è necessaria un’azione formativa specifica: alla mancanza di capacità si ovvia con una formazione mirata a fare acquisire le skill necessarie a svolgere i compiti; alla mancanza di disponibilità è necessario dare risposte diverse (la scarsa autostima necessita di sostegno, la scarsa motivazione di incentivi, naturalmente non necessariamente economici).
Credo che a molti formatori sia capitato il caso di ritrovarsi in aula persone capaci, ma non disponibili. E, di solito, sono situazioni complicate da sbrogliare: di certo non è puntando sul trasferire nuove capacità che si cava il ragno dal buco.
Anzi, per dirla tutta, in questi casi spesso la richiesta di formazione serve da alibi per non andare più a fondo nell’analisi sia del grado di maturità del collaboratore, sia dello stile di leadership del teamleader.

A proposito di domande, quindi, chiedersi da dove venga la mancanza di indipendenza e di iniziativa, mi pare sia un buon inizio, specie per un formatore o per un teamleader. Siete d’accordo?

2 commenti
  1. silvia dice:

    Caro Luca tu poni un sacco di questioni e il discorso è lungo.io cerco di fare formazione quando posso, anche solo convegni, perchè mi stimola molto idee e soluzioni. e questo rende il lavoro più piacevole. penso che ogni lavoratore se trova l’aspetto "ludico" del lavoro lo fa con più soddisfazione. penso che ogni lavoratore voglia lavorare perchè questo va a soddisfare i nostri bisogni (scala di maslow), il nostro Sè, la nostra identità. Solo che spesso si creano dei circoli viziosi da cui è difficile uscire.il prof. Avallone in una notevole ricerca. sul benessere organizzativo ha individuato due cose: l’impegno cognitivo ed emotivo maggiore, ricompensato, motiva e da benessere organizzativo. il problema è la chiarezza degli obiettivi generali di lavoro e affidati al lavoratore e l’equità. un capo equo e giusto, anche se esigente, crea subito fiducia ed entusiamo. queste cose spesso i capi non le sanno fare anche perchè raramente studiano scienze dell’organizzazione e organizzazione delle risorse umane. e sopratutto perchè sono progrediti per clientelismo e non per meritocrazia. quindi tendono a replicare il loro modello culturale.PS: fra poco avrò l’esame finale di un concorso a cui tengo molto.credo che terrò da conto i consigli che mi hai dato un anno fa per il convegno di Palermo. Ah. sto leggento focus famiglia e focus politica. mi sembrano buoni.ciao silvia

  2. Luca Baiguini dice:

    Grazie Silvia per il tuo commento.Poni molte, complesse questioni.Sono d’accordo sul fatto che molti leader di organizzazioni hanno una scarsa sensibilità verso gli elementi di processo come quello delineato in questo post. Diciamo che continuare a scriverne è un modo per contribuire, nel mio piccolo…

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