Pubblico e pubblici

Una delle cose di cui discuto durante i corsi sul public speaking e le tecniche di presentazione è come settare, all’inizio di una presentazione, l’interazione tra lo speaker e il pubblico.
Naturalmente, il setting dipende dall’obiettivo che chi presenta si è posto: se si tratta di trasferire molti concetti in poco tempo, è utile ridurre al minimo l’interazione con il pubblico, se si tratta, invece, di raccogliere opinioni piuttosto che di favorire le dinamiche di gruppo tra i partecipanti, l’interazione va massimizzata.
L’altra variabile in gioco è il tipo di pubblico che ci si può trovare di fronte. Credo utile fare due ordini di distinzioni:

  1. Pubblico attivo vs pubblico passivo: nel primo caso le persone sono propense ad intervenire, a porre domande, a esprimere pareri, nel secondo caso preferiscono ascoltare senza interagire
  2. Pubblico spontaneo vs pubblico non spontaneo: nel primo caso le persone partecipano spontaneamente all’evento, nel secondo si trovano lì senza aver espresso la volontà di partecipare, oppure addirittura, contro la loro volontà (succede spesso che, in un corso di formazione, ci siano persone che sono state iscritte al corso da altri, e non percepiscono alcuna utilità potenziale nel parteciparvi)

L’incrocio tra queste due distinzioni genera lo schema

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Le strategie, allora, per settare l’interazione sono diverse e si devono adattare alle 4 tipologie di pubblico possibili.
In particolare

  • nella situazione 1 (pubblico spontaneo e attivo) ci si trova favoriti nel momento in cui si cerca l’interazione, mentre per puntare all’efficienza si deve creare un setting particolarmente stretto
  • nella situazione 2 (pubblico spontaneo e passivo) è più difficile ottenere l’interazione, ma quando questa arriva, con tutta probabilità è un’interazione funzionale al raggiungimento degli obiettivi (visto che si tratta di un pubblico spontano, probabilmente condivide gli obiettivi del relatore)
  • nella situazione 3 (pubblico non spontaneo e attivo) si è di fronte al rischio di un’interazione che, invece che avvicinare agli obiettivi, tende a portarmi lontano (a volte in aperta polemica con gli obiettivi stessi).
  • nella situazione 4 (pubblico non spontaneo e passivo), l’interazione è difficile da ottenere e potrebbe essere poco funzionale. In entrambi questi ultimi due casi, la prima cosa da fare è tentare di alzare l’interesse, magari calando qualche carta importante già all’inizio della presentazione, sia che si voglia stimolare l’interazione, sia che si punti alla velocità nel trasferimento dei contenuti.

Conoscere la tipologia di pubblico che si ha di fronte non risolve tutti i problemi, ma dà alcune indicazioni per mettere in campo una strategia adeguata agli obiettivi che ci si è posti.

 


Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui

 

2 commenti
  1. silvia dice:

    un pubblico è qualcosa anche di imprevedibile. nel senso che è un corpo, un sistema in cui i singoli componenti interagiscono e si influenzano reciprocamente. alcuni interventi possono scatenare gli istinti polemici,altri gli istinti costruttivi,ecc. in ogni caso credo che il docente possa pilotare questa cosa, dall’altra credo lo sviluppo delle interazioni vada monitorato attimo per attimo con molta cura.

  2. Luca Baiguini dice:

    Quando, nei percorsi formativi sulla comunicazione in pubblico, arriviamo a questo punto, spesso introduco un concetto: orientare le dinamiche di un gruppo verso un obiettivo è una cosa che sta tra la tecnica e l’arte. La tecnica da sola non basta, ma, come nell’espressione artistica, è la base per poter poi esprimere il proprio potenziale interpretativo. In questo senso, una visione strategica dell’interazione relatore / pubblico (come quella che ho cercato di dare in questo post) è un primo elemento su cui riflettere per mettere in campo strategie comunicative efficaci

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