Capolavori
Mi è successo, in questi giorni, di poter visitare alcuni monumenti che credo possano essere definiti “capolavori”.
C’è una cosa che mi ha colpito: mi sono trovato ad osservare nel dettaglio, nel museo adiacente ad una chiesa, alcuni mosaici asportati dalla loro sede originale per motivi legati alla loro conservazione.
Sono rimasto a bocca aperta di fronte all’abilità dell’artista nel definire, con il gioco delle tessere, i dettagli di visi e figure, i panneggi delle vesti, le sfumature degli sfondi.
La cosa che mi ha colpito, però, non è questa.
È il fatto che questi dettagli, nella collocazione originale del mosaico, nessuno avrebbe mai potuto coglierli: il punto di osservazione più vicino stava a diverse decine di metri dalle figure.
Ecco, forse proprio questa è una delle caratteristiche di un capolavoro.
Non so come definirla con chiarezza, ma se dovessi provarci, la chiamerei una sorta di legame esclusivo tra l’artista e la sua opera, che sfugge alla logica, o, meglio, che vive di una logica sua.
E questa logica, però, ti consente, a centinaia di anni di distanza, di apprezzare il panneggio di un abito, di pensare “ma chi glielo ha fatto fare“, e di cogliere così, in maniera cristallina, la differenza tra il tuo modo di guardare le cose e quello di un artista in grado di produrre capolavori.
molta arte era fatta per non essere vista, come le pitture all’interno di tombe e sarcofagi