Incompiuto
In questi giorni alcuni avvenimenti mi hanno fatto riflettere sul significato della parola “capolavoro“.
È duplice:
- un’opera di primaria importanza per un autore, artista, artigiano
- una prova di abilità a cui un artigiano si deve sottoporre per ottenere la qualifica.
In questo caso il capolavoro deve rispettare dei requisiti tecnici ed estetici fissati dalle corporazioni stesse.
Ho sempre associato alla parola “capolavoro” il senso della compiutezza. Per essere un capolavoro, un’opera deve essere portata a termine. Soltanto così può dispiegare in pieno il suo significato.
Poi, mi è tornata alla mente un’opera, che ho sempre considerato un capolavoro (non solo io, a dire il vero): la Pietà Rondanini di Michelangelo.
Si tratta di un incompiuto.
Eppure, capolavoro.
E mi sono detto che non c’è necessità, per un capolavoro, dell’ultima pennellata o dell’ultima levigatura sul marmo.
E che un capolavoro è tale non per la sua compiutezza, ma per la sua capacità di suscitare un’emozione.
Come la Pietà Rondanini.
E come tante opere che magari non trovano il suggello della completezza, ma che hanno suscitano un’emozione, spesso non malgrado, ma proprio per la loro incompiutezza.
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