Concordia
Ieri sera ho seguito per un’ora, in varie edizioni dei telegiornali, le notizie sul naufragio della Costa Concordia davanti all’Isola del Giglio.
La dinamica dell’incidente sembra piuttosto chiara, e le responsabilità attribuite, almeno dalla maggior parte dei giornalisti: una manovra irresponsabile da parte del Comandante, in spregio alle regole, il tutto condito con quel tanto di “gossip” che in queste occasioni fa audience (emblematici gli immancabili messaggi su Facebook).
Ora, non ho certo notizie sufficienti per esprimere un’opinione circostanziata su questo avvenimento.
Una cosa, però, la voglio far notare: si comincia sempre così a spiegare disastri come questo.
Si individua una causa certa, semplice, possibilmente con uno o più responsabili riconoscibili.
È successa la stessa cosa con il disastro di Linate del 2001: l’errore umano del pilota del Cessna che attraversa la pista principale invece che girarle attorno come avrebbe dovuto.
Poi, con il passare del tempo e l’avanzare dell’inchiesta, emersero tutte le falle del sistema organizzativo dell’aeroporto e del sistema inter-organizzativo della gestione del traffico aereo. Si scoprì, per esempio, che gli errori di manovra non erano così rari, e nemmeno le mancate collisioni (i cosiddetti “near miss”, incidenti che non si verificano per pura casualità).
E se, all’interno di un sistema organizzativo, violazioni o errori si presentano con frequenza, le cause vanno ricercate nel sistema, non solo nei protagonisti dei singoli episodi.
Per inciso, la differenza tra violazione ed errore consiste nel fatto che la prima è volontaria (il Comandante della nave che decide di non rispettare la rotta), il secondo è involontario (il pilota che attraversa la pista sbagliata).
In ottica di prevenzione (e questa cosa mi pare interessante) le due fattispecie hanno moltissimi punti in comune.
Ieri la Costa Crociere ha tenuto una conferenza stampa.
La versione dell’azienda:
“Non possiamo negare un errore umano che si è identificato con questo tragico incidente. Anche le procedure adottate a seguito dell’urto contro lo scoglio non hanno rispettato le rigide disposizioni, scritte e verbali, note ai nostri comandanti e ufficiali”.
Sia che si tratti di conseguenze di errori che di violazioni, il fatto che le disposizioni scritte e verbali impartite a figure chiave dell’organizzazione come i comandanti e gli ufficiali non vengano rispettate in un momento tanto importante non può essere ridotto alla responsabilità di un singolo.
Non sono bravo nel fare previsioni, ma sono convinto che il procedere dell’inchiesta metterà in evidenza dei “near miss”, episodi nei quali si è sfiorato l’incidente. E che, proprio il fatto di aver sfiorato l’incidente ma di “essersela cavata”, invece che far suonare un campanello d’allarme, abbia fatto crescere la sicurezza in sé delle persone e dell’organizzazione (Titanic docet, verrebbe da dire).
Insomma, davanti a questi eventi la dinamica interpretativa è quasi sempre la stessa: per ora ci rassicura sapere che un incidente di questa portata ha una causa ed un responsabile.
E, possibilmente, anche di un eroe che faccia da contraltare.
Per un’analisi che ci consenta davvero di imparare qualcosa per il futuro, c’è tempo.
Mi ero fatto una riflessione analoga alla tua sulla base della seguente notizia:
quel comandante ha un precedente in quel di Marsiglia,nel dicembre scorso,allorquando “dovette”ordinare il largo in condizioni climatiche avverse,contro il parere dei subordinati.Qui la catena di” responsabilità” avrebbe dovuto suggerire al 2°ufficiale di riferire l’episodio all’amministrazione;cosicchè la medesima potesse adottare gli accorgimenti necessari:test psicologici o altro.
Credo che questo silenzio sia dovuto ad una sub cultura peculiare nel ns. paese:il timore di apparire delatori,di voler scalzare gli altri per ambizioni personali o ancor peggio,essere tacciati di ruffianeria.La responsabilità è un sentimento,la coscienza di sè per la salvaguardia di interessi diffusi,e ,nella fattispecie di vite umane.Questa falla è presente a tutti i livelli aziendali,pubblici e in politica.Occorre diffondere la cultura della verità,perchè chi ha il comando possa decidere oggettivamente.
Mi dispiace, ma non sono d’accordo.
Non voglio esprimermi sulla vicenda, che non conosco, inoltre non mi permetto di giudicare le persone, perchè non sono in grado di farlo.
Mi riferisco alle considerazioni più generali sulla responsabilità, per dire che ritengo molto pericoloso “diluire” le resposabilità del singolo nel “sistema”, o nella “società”,come si sente fare troppo spesso. Bisogna ammettere che tutti possiamo sbagliare: per superficialità, o incapacità, o malvagità, o per chissà quale altro motivo, ma non perchè il sistema ci ha indotto a sbagliare: sarebbe come dare la colpa al fato. Ritengo più utile cercare le cause dell’errore e capire come si può evitare che una persona sola si trovi nella codizione di fare errori che possono costare la vita di altri esseri umani o di interi ecosistemi.
Se si cancella la responsabilità personale e si fa tacere la coscienza, ogniuno si sente autorizzato a fare qualsiasi cosa, anche giocare con la vita del prossimo, e a lasciare che altri facciano, anche ciò che non ci sembra giusto.
In tutte le tipologie di eventi esiste una catena di responsabilità. Solo che in questo caso siamo a bordo di una nave dove è definita anche una catena di comando.
Attribuire le colpe ad un singolo ha significato proprio per questo motivo.
In questo caso, gestire l’abbandono della nave è responsabilità del comandante.
A volte i singoli sono in grado di sostenere il peso della responsabilità, come fece Piero Calamai, altre volte no.
Qualcuno segue “Indagini ad alta quota” su Sky? È un programma dove spiegano gli incidenti di aerei di linea (sia mortali che non), mostrano le indagini e tutte le cause. Beh, quello che ho capito dalle puntate che ho visto è che un disastro di tale portata non ha mai una sola causa semplice e immediata, ma sono una serie di avvenimenti, negligenze e sfortune messe insieme.
Grazie a tutti per i commenti. Mi hanno dato l’occasione di riflettere in maniera più approfondita su quanto ho scritto.
Siccome la riflessione è piuttosto articolata, ho preferito trascriverla in un post, invece che come semplice commento.
Trovate il tutto qui:
https://www.lucabaiguini.com/2012/01/naufragio-costa-concordia2.html