La domanda

Da un paio di inverni a questa parte, mi sono messo a sciare. Fondo. Che ci tengo ai legamenti, l’età è quella che è e di mettermi a scapicollare giù per qualche pista nera non ho nessuna intenzione. Lo scorso inverno ne ho passate un po’, di giornate sulla neve, alcune anche solo. Stavo trascinandomi su per una salitella, un pomeriggio, andatura da anatra e sci a spina di pesce (si dice così?), e mi sono chiesto una cosa: sarò mai bravo abbastanza (nello sci)?
Sì, insomma, ho iniziato a quarant’anni, non ci posso andare spesso e, diciamola tutta: per lo sport non ho un gran talento.
Ho buone ragioni per dubitarne, insomma, che diventerò bravo abbastanza….

Sarà che la salita era, nel frattempo, terminata, e che poi c’era un bel tratto di pista pianeggiante, ma su quella domanda ci sono rimasto un po’.

Mi sono detto un paio di cose.

La prima: abbastanza rispetto a che cosa?
Meglio, che cosa intendo, io, per bravo abbastanza?
C’entra il giudizio altrui, certo. In una domanda così c’è di sicuro una quota di narcisismo. Ma non mi sembra tutto qui.

In più, c’è un certo tipo di educazione (e magari anche un tratto di personalità) che ti porta a pensare che il mondo sia un posto più bello perché ci sono alcune persone che fanno le cose per bene. Proprio per bene. E che è anche quello che dovresti provare a fare tu.
Da queste parti credo arrivi l’ammirazione che nutro da sempre per chi sa fare le cose per bene. Qualsiasi cosa.

La seconda cosa che mi sono detto: questa del riuscire a fare le cose bene abbastanza è, per me, “la domanda”.
Ho pensato, per così dire, che ciascuno di noi ce l’ha, una domanda che gli si presenta, con varianti minime, nei momenti cruciali.

Ora, chiaramente, finché si tratta di sci di fondo, la risposta può benissimo essere “E chi se ne frega…” (anche se il solo fatto di essermela posta anche lì, su quella salita, dice quanto la questione sia, nel mio caso, invadente e fastidiosa).
Ce ne sono alcune, di cose, che invece una risposta la chiedono: non ammettono l’elusione.
Per me, una di queste cose, ha a che vedere con lo scrivere.
Ci sto girando attorno, a questa questione, da molti mesi. A partire almeno da qui.

Anzi, a voler dire le cose come stanno, da parecchio di più di molti mesi.

Sto parlando di narrazioni.
Nutro da sempre un’ammirazione senza condizioni per chi sa creare storie e raccontarle.
E anche di più per chi, poi, lo fa.
È lo stesso tipo di ammirazione che nutro per chi sa fare qualunque altra cosa, ma in quantità superiore.

E non è solo ammirazione. C’è anche parecchia invidia, e desiderio di imparare.
Mi ci sono messo, più volte, in passato. Poi, però, arrivava la domanda: sarò mai bravo abbastanza?
E lì dietro, acquattata (se ancora non fosse chiaro) la paura del fallimento.
Ho sempre ceduto, alla fine, alla paura.

L’ho fatta lunga, per dire questa cosa: in questi ultimi mesi ho provato a vincerla, la paura, e a pensare che non eludere la domanda può anche voler dire che no, abbastanza bravo non lo sarò mai.  Ma che vale comunque giocare, anche solo per divertirmi un po’. Per non dirmi di no. Come lo sci. È anche per questo che ho scritto poco d’altro, anche qui, sul blog. Ho provato ad impegnare le idee e le parole nella narrazione.

Ce n’è una, tra le cose che ho scritto in questo periodo, che mi è parsa fin dal principio un po’ come una sonda meteorologica.
L’ho costruita pensando che un giorno avrei potuto lasciarla andare a tastare il cielo e aspettare che cosa mi avrebbe restituito.
È un racconto, questa sonda.
Devo l’idea ai commenti di Erri de Luca alla vita di Noè, per come la racconta il libro della Genesi.
Voi, che mi leggete, su questo blog, dovreste essere, nei miei piani, il cielo.
Oggi dovrebbe essere il giorno del lancio.

Ecco. Per chi fosse interessato, quindi, la sonda sta qui.

 

 

3 commenti
  1. Marcello dice:

    Caro Luca, mi affido a Proust:

    Il libro essenziale, il solo libro vero, un grande scrittore non deve, nel senso corrente, inventarlo, poiché esiste già in ciascuno di noi, ma tradurlo. Il dovere e il compito di uno scrittore sono quelli di un traduttore. (Il tempo ritrovato)

    … E chi meglio di te, può scrivere caro mio? La paura è mia e te la figuro con un aneddoto operistico: una ventina di anni fa, ho visto in tv le prove di cenerentola di Rossini. Cenerentola era Cecilia Bartoli ed il direttore Chailly, quando arrivano al pezzo difficilissimo nell’aria “non più mesta…” chailly (a nome di tutta l’orchestra) le dice: cercherò di starti dietro!
    Premesso ovviamente che non sono Chailly ti dico però la stessa cosa, cercherò di starti dietro.
    E poi infine, la scrittura è liberazione, ho appena finito un libro che dice anche quanto fa bene alla salute dello scrittore stesso, scrivere.
    Riassumendo umoristicamente:_ti do il mio Kway! ( frase detta da un’anziana consigliera in un CDA approvando quanto proposto)
    Ciao

  2. Giovanni dice:

    Vai Luca, provaci… E’ ovvio che non sarai mai bravo abbastanza se manco inizi 🙂
    Anch’io un po’ invidio chi sa scrivere “storie”… Vediamo come te la cavi. Forza. Ciao.

  3. Andrea B dice:

    …Da un blogger scarcassato, appassionato di troncature, ossimori, iperboli e cacofonie, concentrato sull’aggiungere alla polpa una buccia scintillante, ma con particolari ammaccature che si facciano ricordare, potrei forse criticare questo tuo tentativo?
    Provaci ancora, Luca!

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