La produttività del knowledge worker

In questi giorni ho assistito ad una sessione di brainstorming di un gruppo di knowledge worker che aveva come focus strumenti e pratiche per migliorare il loro coinvolgimento, la loro motivazione e, last but not least, la loro produttività.
Mi ha impressionato come la stragrande maggioranza delle proposte avanzate avesse a che vedere con la comunicazione e l’interazione tra loro e con le diverse parti dell’organizzazione.

Sono andato, allora, a rileggermi un articolo pubblicato su McKinsey Quarterly qualche giorno fa, che focalizza proprio questo punto.

Il ragionamento prende le mosse da una ricerca che dimostra come i knowledge worker passino circa la metà del loro tempo a gestire interazioni, e, quindi, l’obiettivo delle organizzazioni di questo tipo dovrebbe essere quello di eliminare tutti i vincoli che impediscono questa comunicazione.
Per prima cosa, quindi, si dovrebbero mappare questi vincoli, per poi varare progetti (e indicatori) che puntino a migliorare l’efficienza e l’efficacia delle interazioni tra i collaboratori.

Le barriere individuate sono di quattro tipi:

  • Le barriere fisiche e tecnologiche
    Sono quelle che hanno a che vedere con la distanza fisica, i diversi fusi orari, la mancanza di ergonomia degli strumenti e delle tecnologie di comunicazione, eccetera.
    Uno dei rimedi messi in campo in questo senso è quello delle cosiddette “comunità di pratica”.
  • Le barriere sociali e culturali
    Sono quelle che hanno a che vedere con le rigide barriere gerarchiche e gli incentivi inadatti a spingere le persone alla collaborazione.
    Ad aiutare, in questo caso, può essere la creazione e la condivisione di case studies focalizzati sull’organizzazione, che ne facciano comprendere (anche ai neoassunti) valori, processi e norme.
  • Barriere contestuali
    Sono quelle barriere che impediscono la condivisione della conoscenza tra campi diversi dell’organizzazione. Le differenze di linguaggio e di priorità tra le diverse parti possono essere, in questo senso, un vincolo molto rilevante.
    La promozione di momenti di condivisione delle pratiche tra i diversi contesti può essere d’aiuto, oltre naturalmente alla job rotation.
  • La barriera del tempo
    L’ostacolo finale è il tempo, o, meglio, la percezione di mancanza di tempo.
    In questo caso, potrebbe essere utile fare in modo che alcune persone siano scaricate dal peso delle interazioni, per caricarlo invece su altre che abbiano tra le loro priorità proprio il knowledge sharing.

Al di là di questi suggerimenti (dettagliati meglio nell’articolo originale), comunque, resta una traccia di percorso di miglioramento: acquisire la consapevolezza dell’importanza del tema dell’interazione, individuare i vincoli e le barriere, lavorare alla loro eliminazione.

1 commento
  1. Renata Franzolini dice:

    Caro Luca, acquisita la consapevolezza dell’importanza del tema dell’interazione, individuati i vincoli e le barriere,mancherebbe il “come”lavorare alla loro eliminazione.Le analisi sono sempre ben fatte, ma poi rimane sempre poco tempo per approfondire il tema sui rimedi.

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