Leadership e potere

Su Econopoly, un mio post in cui tento di porre le basi per un linguaggio comune che riguardi le definizioni di leadership e di potere.

Leadership e potere: un (modesto) tentativo di fare chiarezza

L’obiettivo è di fornire un’alternativa ad una visione dicotomica (e, secondo me, un po’ semplicistica) della relazione tra queste diverse modalità di gestione delle dinamiche dei gruppi di lavoro.

Nel post ho chiesto, per poter approfondire nelle prossime settimane in modo più efficace le idee che vi sono espresse, commenti, domande e contributi.

Potete lasciarli qui nei commenti.

Grazie!

3 commenti
  1. Robo dice:

    Buongiorno professor Baiguini, ho letto il suo post su Econopoly.
    Le chiedo: lei parla di ottimizzazione da parte di A dell’uso del potere potenziale, una sorta di concetto ergonomico mi parrebbe.
    Invece l’etica può entrare (deve?) nella scelte di utilizzo del potere da parte di A?
    Ho letto di un antico detto cinese che definisce una scala gerarchica nella leadership; all’incirca tale detto afferma che il capo migliore é quello che passa quasi inosservato (do per scontato ottenendo comunque ciò che vuole), segue il capo stimato, poi il capo temuto e infine quello disprezzato. Tale scala individua correttamente, secondo lei, una efficacia decrescente della leadership o è troppo semplicistica?
    Grazie e saluti

  2. Luca Baiguini dice:

    Buongiorno Robo, grazie per il tuo commento (passo al “tu”, spero vada bene). In effetti, la misurazione del costo di esercizio del potere è un tema molto affascinante e, ancora una volta, di una certa complessità. In prima approssimazione, mi piace la scala di cui parli, perché potrebbe essere proprio l’espressione di un costo in termini relazionali dell’esercizio del potere. Naturalmente, non è questo l’unico tipo di costo, ma è senz’altro uno dei più importanti. Ci rifletterò… Buona giornata!

  3. Domenico dice:

    Buonasera Luca, trovo molto attinente alla realtà il tuo post, altroché teorico, e condivido il concetto della errata contrapposizione tra leadership e potere o management. Credo che, oltre al saper modulare il comportamento utilizzando opportunamente i vertici come punti estremi, bisognerebbe non trascurare l’attore B, che non è affatto lì ad aspettare l’esercizio di una forma di potere. Egli in qualche modo sa di essere la controparte ed è, a mio parere ‘schierato’, anche passivamente, ovvero in attesa di una mossa. Intendo dire che le influenze sono reciproche e anche B si muove per trasmettere messaggi su quale tipo di potere è disposto ad aprire una ‘collaborazione’. E B a sua volta vuole esercitare il suo potere, anche se sa di essere magari in una posizione gerarchica inferiore. Mi sbaglio? Ecco che forse, l’annullamento della distanza dal potere, della gerarchia, potrebbe essere un passo importante nella direzione della leadership, sempre che B, voglia collaborare. Grazie mille per gli spunti di riflessione // Domenico

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