Che cosa ti aspetti da una business school? E da questo blog?

Un paio di riflessioni a ruota libera, che mi suscitano alcune domande.

Qualche giorno fa, confrontandomi con un docente della mia stessa area, più senior e più bravo di me, ho sentito una frase che ripete spesso ai suoi allievi e che mi ha colpito: “Dove non c’è possibilità di scelta non c’è libertà“.
Che può sembrare banale.
Il fatto è che ricalca una frase che uso spesso anch’io in aula.
La differenza sta nell’ultima parola. Io dico, di solito, “Dove non c’è possibilità di scelta non c’è strategia“.
Una sola, piccola parola, che però non cambia soltanto il senso della frase.
Mi sembra cambi qualcosa di più.

Per dirla come piace dirla a me, nel primo caso si parla di identità, di valori. Nel secondo (il mio) si parla di capacità.
Seguendo un tratto di una presentazione di questo docente, mi sono reso conto che, nonostante nemmeno conoscesse gli alunni (tecnicamente, nemmeno li aveva di fronte, visto che si trattava di una presentazione registrata), in pochi minuti si è messo a parlare ai loro valori ed alla loro identità.

Io, che avevo fatto la stessa cosa prima, ho parlato alle loro capacità.
Mi rendo conto che, durante i miei percorsi formativi, spesso parlo alle capacità, raramente e con timidezza (che non stento a definire eccessiva) ai valori o all’identità.
È, peraltro, un po’ quello che succede in questo blog.

La seconda riflessione, complementare a questa, deriva da un altro incontro.
Si conversava, qualche giorno fa, sulle specificità dell’insegnare tematiche comportamentali in una business school, rispetto ad altri contesti formativi (e, quindi, alle specificità di un docente di una business school rispetto ad altri formatori).
Ho detto che, secondo me, gli allievi di una business school si aspettano due cose:

  • supporto scientifico (letteratura e casi) alle affermazioni ed ai modelli
  • “laicità” rispetto alle scuole ed ai filoni (intendo dire che un docente non dovrebbe “sposare” una scuola o un filone, ma presentarne una certa varietà, sottolineandone punti di forza e criticità)

Entrambe le conversazioni mi hanno prima costretto a tentare di chiarire, poi stimolato a rivedere il mio ruolo di docente, ma anche di blogger.

Non ho ancora conclusioni. Sono nella fase delle domande.

Per questo ne giro alcune a voi.

Molti tra i lettori di questo blog sono o sono stati allievi di business school. Molti poi hanno partecipato a mie lezioni. Molti, pur non avendo contatti diretti con business school, potrebbero avere cose da dire su questo argomento, anche solo perché interessati alle tematiche del blog. Sono preziose tutte le opinioni.

Le domande:

  • Che aspettative nutrite di fronte ad una lezione di area comportamentale?
  • E di fronte ad un blog come questo?
  • Per chi ha partecipato a mie lezioni, che cosa vi sareste aspettati di più o di diverso?
  • Per chi legge questo blog, che cosa manca di più?
  • Il fatto di partecipare ad una lezione di questo tipo (leadership, comunicazione, teamworking) in una business school vi porta ad avere attese diverse rispetto ad altri contesti?
  • Il mio profilo come autore di questo blog, come influisce sulle aspettative rispetto ai contenuti?

Qualsiasi riflessione (anche non legata a queste domande) è assolutamente benvenuta.

6 commenti
  1. Fabio Compagnoni dice:

    Ciao Luca, ho partecipato ad un tuo corso e leggo sempre con piacere le newsletter che mi invii. Perchè? Semplice, la mia formazione ingegneristica mi ha costruito una forma mentale che definirei “semplice” e ascoltandoti e leggendo le tue riflessioni si aprono sempre nuovi spunti di riflessione. Mi dai l’opportunità anche a distanza di qualche anno dal nostro incontro di accrescere la mia cultura in qs campo a me lontano. Grazie, Ciao Fabio

  2. paolo dice:

    Ciao Luca, premetto subito che il fervente cattolico uomo della strada potrebbe avere un po’ da ridire sulla frase “Dove non c’è possibilità di scelta non c’è libertà”.
    A parte le questioni di lana caprina, durante il corso di public speaking che ho seguito con piacere in MIP, mi sembra che tu abbia parlato tantissimo alle nostre capacità, e il giusto alle nostre identita’. Il corso a mio modesto parere era ben miscelato in tal senso, ed ha soddisfatto perfettamente le mie esigenze formative.
    Di fronte ad una lezione di area comportamentale, in una business school, mi aspetto esattamente le cose a cui facevi cenno tu. Le mie aspettative potrebbero dipendere fortemente dal mio background culturale e dalla mia storia personale, credo che un laureato in filosofia si sarebbe potuto aspettare invece un tipo di lezione diversa.
    E ora, con buona pace per la discussione degli altri punti che proponevi nel post, mi finisco di vedere una puntata in spagnolo di Pocoyo, se non lo hai gia’ fatto potresti prenderlo come spunto per una delle tue prossime lezioni, perche’ e’ infarcito di comunicazione alle identita’ e ai valori ! ^_^

    Grazie,
    Paolo

  3. Rosario Carnovale dice:

    Per quello che mi riguarda, da questo blog mi aspetto proprio delle domande. La possibilità di “ragionare” e di costruire risposte insieme agli altri. Le domande e le risposte costruiscono la lezione stessa.

    Stesso concetto per le business school. Mi viene in mente un ragazzo incontrato in aereo che mi spiegava la differenza tra il suo corso di laurea in Bocconi e il master che faceva a Dublino in quel momento, secondo lui era proprio il modo di (non)fare lezione. Domande, esercizi workshop dove si costruisce in gruppo una soluzione/lezione . Il docente è colui che crea le condizioni/contesto affinchè la costruzione delle risposte sia più efficiente possibile e che oltre al contenuto possa essere veicolo di valori come la collaborazione, l’aiuto reciproco, l’ascolto.

  4. Luca Baiguini dice:

    Grazie davvero Fabio, Paolo e Rosario per queste prime indicazioni. Altre me ne stanno giungendo via mail.
    Dedicherò qualche riga alle domande (ed eventuali, ma non necessarie, come giustamente sottolinea Rosario, risposte) che mi state suscitando.

  5. Attuazione.com dice:

    Luca, ci soffermiamo solo su alcuni dei quesiti che poni.
    A nostro modo di vedere non è molto importante sapere quali sono le “aspettative nutrite”. È più importante che tu sappia con chi vuoi avere a che fare. Allievi? Ex allievi? Manager?… Perché le aspettative probabilmente saranno diverse e accontenti l’uno scontentando l’altro. Noi per esempio abbiamo un blog striminzito, con poco appeal, frequentato al massimo da 7-8 visitatori al giorno e ogni tanto qualcuno ci scrive dicendo cambiate questo, cambiate quello, aggiungete quest’altro. Le loro aspettative non ci interessano. Abbiamo scelto una strada e continuiamo a percorrerla.
    In ogni caso, nel tuo blog, che ogni tanto frequentiamo, tra le tante cose buone che ci sono, ci sembra che ci si possa aspettare di più su due aspetti: un filo rosso che faccia capire meglio da che parte stai e una scelta dei temi che diano meno l’idea della casualità.
    Invece sulla domanda dell’influenza del tuo profilo abbiamo poco da dire perché noi abbiamo scelto una strada diversa. Ci siamo ispirati ad un gruppo musicale di cui eravamo fans ( i Residents) i quali hanno mantenuto oscura l’identità per dare risalto e attenzione solo alla loro musica.

  6. Luca Baiguini dice:

    Grazie @Attuazione.com per le idee e le provocazioni. In realtà, mi avete provocato già più volte rendendo il mio blog protagonista dei vostri “senza meta” (anche se mi lusinga che “non troviate di meglio”).
    L’obiettivo di raccogliere delle aspettative, in questo caso, non è quello per forza di adattarvisi.
    Anch’io amo “scegliere una strada e continuare a percorrerla”. Qualche volta, però, quella strada si ha l’impressione di averla un po’ persa, e magari ci si affida agli avventori di un blog (ed alle persone che hanno fatto parte del tuo lavoro) per arricchire la propria mappa.

    Per quanto riguarda la “personalizzazione” del blog (non conosco i Residents, ma la mia cultura musicale è davvero di basso profilo), si tratta di una scelta che ho adottato nel momento in cui ho privilegiato un rapporto “personale” (per quanto consente il mezzo). In realtà, per molti anni, prima, ho animato un sito in cui non soltanto non compariva il mio nome, ma nemmeno miei articoli.
    Sono, insomma, approcci diversi, direi “cornici” diverse.

    Comunque, il tutto merita una riflessione… grazie davvero!

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.