Decisori ambidestri
Tom Davenport, in questo articolo sul blog di Harvard Business Review, lancia un’idea sulle modalità di decision making da coltivare in un’organizzazione (che dovrebbero diventare oggetto del suo prossimo libro).
Davenport porta due esempi opposti:
- un’azienda che non ha un sistema formalizzato di raccolta di informazioni e di decision making, ma che ora, con una grande messe di dati disponibili circa i gusti dei consumatori e le loro evoluzioni, si trova nella situazione di volerne e doverne sviluppare uno
- un’organizzazione nella quale, invece, lo sviluppo di un sistema formalizzato di decision making basato su dati è stato per molto tempo un punto di forza, ma che, di fronte ad una decisione molto rilevante, ha visto questo sistema fallire.
Il senso dei due esempi è in un’indicazione data da Reed Hastings, fondatore e CEO di Netflix.
Nelle parole di Davenport:
Hastings ha insegnato matematica nei Peace Corps, e poi ha istituzionalizzato un metodo di decision making matematico in Netflix […]
Netflix sicuramente è cresciuta grazie alle sue capacità di analisi.
Ma quando ho parlato con Hastings ad un conferenza qualche anno fa, mi ha cambiato le carte in tavola. Mi aspettavo una perorazione in favore di un metodo di decision making analitico, invece lui ha detto che in Netflix padroneggiano già egregiamente questo approccio. Invece di coltivarlo ulteriormente, ha detto, Netflix aveva bisogno di focalizzarsi sull’arte, la creatività, l’intuizione come guide per le decisioni. E da allora si è dedicato a far crescere le capacità di storytelling nei manager di Netflix.Ho il sospetto che sviluppare capacità ambidestre di decision making non sia cosa facile. Ma se un’organizzazione vuole rimanere vincente, arte e scienza, analiticità ed intuizione hanno bisogno di coesistere nelle menti e nei depositi della conoscenza. Se la tua organizzazione è già capace in una di queste due modalità, coltiva l’altra. E se non lo è in nessuna, beh, allora sei proprio nei guai!
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