Varietà e appropriatezza
Mi succede sempre più spesso di condividere in aula alcune considerazioni sulle logiche generali della formazione, con riferimento, in particolare, al Comportamento Organizzativo e al Personal Development, di cui mi occupo.
Credo che gli assi di sviluppo su cui si muovono questi percorsi formativi siano due: l’asse della varietà e l’asse dell’appropriatezza.
Per varietà intendo la possibilità di scelte comportamentali diversificate, per cui l’obiettivo di questa fase del percorso formativo ha a che vedere con l’introduzione di alternative comportamentali le più ampie possibile.
Per dirla con Maslow: “Quando l’unico strumento che possiedi è un martello, ogni problema comincia ad assomigliare a un chiodo”.
Per appropriatezza intendo, invece, l’introduzione di strumenti, distinzioni e modelli che consentano, una volta arricchita la “cassetta degli attrezzi”, di scegliere tra questi quello più adatto a seconda delle variabili ambientali rilevanti (il che significa che, oltre a scegliere l’attrezzo adatto, si deve innanzitutto essere in grado di cogliere e isolare quali siano le variabili davvero rilevanti).
E, come accennavo sopra, mi capita sempre più spesso di rendere espliciti a chi è in aula questi due movimenti, magari anche tenendoli volutamente separati, per due motivi:
- il primo: in questo modo credo che le aspettative che si creano verso il percorso formativo siano coerenti e realistiche;
- il secondo: la consapevolezza di questi due movimenti, unita all’analisi e all’esperienza delle dinamiche tipiche di ciascuno di essi, porta le persone ad essere in grado di replicare, in ambiti diversi, lo stesso tipo di processo.
Mi rendo conto di non dire nulla né di originale né di illuminante, ma qualche esperienza recente mi porta a pensare che, anche nel mondo variegato della formazione, il ritorno a qualcuno di questi basics a volte non farebbe male.
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