Baricco e la superficie

In copertina su Wired Italia di settembre c’è Alessandro Baricco, e dentro un suo brano.
Si tratta di un’appendice ad una serie di riflessioni, poi diventate un libro: I Barbari. Ne ho ripreso, a suo tempo, una parte qui.
Il ragionamento è interessante: non è vero che i nostri tempi abbiano rinunciato alla ricerca di senso. Ad essere cambiato è il modo di cercarlo. Una volta, prima dell’avvento dei Barbari, il senso lo si cercava nella profondità. Oggi sulla superficie. Baricco lo dice così:

Il concetto della profondità, la pratica della profondità, la passione per la profondità. Forse qualcuno se li ricorda, erano animali ancora in forma, ai tempi dei Barbari. Li animava l’ostinata convinzione che il senso delle cose fosse collocato in una cella segreta, al riparo dalle più facili evidenze, conservato nel freezer di un’oscurità remota, accessibile solo alla pazienza, alla fatica, all’indagine ostinata. Si risaliva nel tempo, si scavava nei significati, si lasciavano sedimentare gli indizi. Perfino nei sentimenti si aspirava a quelli profondi, e la bellezza stessa la si voleva profonda, come i libri, i gesti, i traumi, i ricordi, e alle volte gli sguardi.
Era un viaggio, e la sua meta si chiamava profondità. La ricompensa era il senso, che si chiama senso ultimo, e ci concedeva la rotondità di una frase a cui, anni fa, credo di aver sacrificato una marea di tempo e luce: il senso ultimo e profondo delle cose.

Tutto questo è cambiato. Nell’oggi (e riprendo Baricco)

La superficie è tutto, e in essa è scritto il senso. Meglio: in essa siamo capaci di tracciare un senso. E da quando abbiamo maturato questa abilità, è quasi con imbarazzo che subiamo gli inevitabili sussulti del mito della profondità: oltre ogni misura ragionevole patiamo le ideologie, gli integralismi, ogni arte troppo alta e seria, qualsiasi sfacciata pronuncia di assoluto. Probabilmente abbiamo anche torto, ma sono cose che ricordiamo saldate in profondità a ragioni e sacerdozi indiscutibili che ora sappiamo fondati sul nulla, e ne siamo ancora offesi – forse spaventati. Per questo oggi suona kitsch ogni simulazione di profondità e in fondo sottilmente cheap qualsiasi concessione alla nostalgia.

Ora, sarà che sono appena rientrato dalle vacanze, e che la voglia di profondità ancora non m’è ancora tornata, ma oggi mi sento uomo molto più avvezzo alla superficie che alla profondità. Anche se, probabilmente, per dirla di nuovo con Baricco… ho anche torto.

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