Evangelist

Ho trovato molto interessante l’editoriale di Riccardo Luna sul numero in edicola di Wired Italia.
Nella sostanza, il messaggio è che, se si vuole cambiare questo Paese e traghettarlo verso il futuro, è necessario un patto tra coloro che sanno di nuove tecnologie e che ne vedono il potenziale impatto di crescita sia economica che culturale, e quelli che invece queste stesse tecnologie le guardano con timore (e a volte con sospetto) e che, a detta di Luna, sono la maggioranza.

L’editoriale si conclude così:

Tanti anni fa in Silicon Valley inventarono la figura dell’evangelist tecnologico: uno che andava a raccontare perché la tecnologia ci avrebbe migliorato la vita. Oggi tocca a noi. Non sarà un processo facile né breve, ma dobbiamo farlo. Con lo stesso impegno che serve a scrivere righe e righe di codice; con il rigore che mettiamo per un business plan. Con l’entusiasmo di una start up. Una start up chiamata Italia.

Mi ha incuriosito questa descrizione della figura dell’evangelist. Mi sembra si dedichi a quella che una volta veniva chiamata “sensibilizzazione” (raccontare perché la tecnologia ci avrebbe migliorato la vita).
Se così è, allora credo meriti una riflessione anche il comprendere quali sono gli strumenti comunicativi più adatti per un’operazione di questo tipo.

Nei corsi sulla comunicazione in pubblico, ad un certo punto invito ad una riflessione su quali sono i micro-obiettivi con cui si mette in campo ciascuno strumento di comunicazione.
Credo che questi micro-obiettivi abbiano a che vedere con quattro cose:

  1. Informare: fornire agli altri informazioni di base o conoscenza
  2. Collegare: connettere la conoscenza o l’informazione alle esperienze rilevanti di riferimento e ai relativi comportamenti
  3. Creare stati: creare una esperienza positiva per le persone o immetterle in uno “stato funzionale”
  4. Motivare: fornire un contesto o un incentivo che dia significato alla conoscenza, alle esperienze o ai comportamenti

Non sto ad approfondire questi concetti, ma la domanda che normalmente pongo è: fatta 100 la strumentazione comunicativa a vostra disposizione, come distribuireste questa percentuale tra questi quattro obiettivi?
Come, dunque, bilancereste il vostro mix comunicativo?

Normalmente, in prima battuta, i primi due assorbono la grande maggioranza del peso. Dopo qualche riflessione, però, spesso si sposta almeno del peso sul “creare stati” e “motivare“.

Ecco (e qui volevo arrivare), credo che se l’ottica dell’evangelist è quella della sensibilizzazione, allora non vanno assolutamente trascurati quegli strumenti comunicativi che hanno a che vedere con il creare stati e il motivare. E, tra l’informare e il collegare, privilegerei senz’altro quest’ultimo.

In questo senso, l’impegno, il rigore e l’entusiasmo di cui parla Luna vanno, in qualche modo, indirizzati.

3 commenti
  1. stefano gatti dice:

    Stupendo post … conoscevo bene il concetto di evangelist ma questa sua estensione e caratterizzazione sono importanti e interessanti.

    Per mia esperienza A e B sono fondamentali (direi 40-40 %) ma C e D sono quelli che fanno mettere le ali e fanno la differenza …

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