La matrice di processo

Su HBR Italia di Maggio, uno degli articoli più interessanti che mi sia capitato di leggere in questi ultimi tempi: Arte e scienza nella gestione dei processi, di Joseph M. Hall e Eric M. Johnson.
Ne riassumo un paio di punti (in questo e nel prossimo post), ma nello stesso tempo ne consiglio la lettura integrale: gli spunti di riflessione sono davvero tanti.

Gli autori partono dalla constatazione che molti manager si sono un po’ fatti prendere la mano dalla questione della standardizzazione dei processi.
Ci sono, invece, processi che attengono più all’arte che alla scienza, e che difficilmente si lasciano ridurre a modelli riproducibili e standardizzabili.
Le conseguenze di regole troppo rigide sono, in questi casi, calo del potenziale di innovazione, riduzione dell’affidabilità, problemi di performance (la standardizzazione, quindi, paradossalmente, rischia di pregiudicare quella stessa performance che con tanta tenacia persegue).
Certo, la tentazione opposta è altrettanto pericolosa: trattare come artistici processi che invece necessitano di standardizzazione, ancora una volta, impatta negativamente sulla performance.

Come non cadere, allora, nei due errori opposti?

Hall e Johnson offrono uno strumento interessante per questa analisi: la matrice di processo.

Le dimensioni in gioco in questa matrice sono:

  1. L’ambiente di processo, che può essere più o meno variabile.
    Uno degli obiettivi del management scientifico dei processi è proprio la riduzione della variabilità. Ma spesso questa variabilità dell’ambiente è uno degli elementi costitutivi di certi processi.
    Si pensi, per esempio, alla variabilità in certe tipologie di materie prime. In questi casi, il costo della riduzione della variabilità possono risultare superiori ai benefici.
    Si distinguono, quindi, processi ad alta variabilità dell’ambiente e processi a bassa variabilità.
  2. Il valore della variazione degli output per i clienti, che può essere positivo o negativo.
    Nei casi in cui il valore della variazione degli output è negativo, il cliente apprezza l’omogeneità del prodotto rispetto agli standard stabiliti (si pensi, per esempio, ad un elettrodomestico).
    Nei casi, invece, in cui il valore della variazione degli output è percepito come positivo, il cliente è ben felice della disomogeneità degli output, che rende il prodotto da lui acquistato un pezzo unico e difficilmente riproducibile e standardizzabile. Si pensi ad uno strumento musicale di pregio: ogni esemplare ha una sonorità unica e inimitabile.

Incrociando queste due dimensioni si ottiene quella che gli autori chiamano la matrice di processo.

Le quattro aree della matrice rappresentano rispettivamente:

  • Customizzazione di massa
    Il processo scientifico viene utilizzato per creare prodotti customizzati, ma con una limitata variabilità di personalizzazioni (ad esempio, la configurazione di un’automobile).
  • Processi massificati
    L’obiettivo di questi processi è l’eliminazione della variabilità degli output, che viene percepita come negativa.
    In questo caso la discrezionalità artistica va eliminata completamente.
  • Processi nascenti o frammentati
    La richiesta è quella di un prodotto fortemente standardizzato, ma l’ambiente di processo non è ancora pronto per generare questo tipo di prodotto.
    Questa situazione si presenta tipicamente quando sono presenti nuovi materiali o tecnologie.
    A questo punto si deve riflettere se la variazione dell’output è sia fattibile che desiderabile, per propendere per un processo artistico oppure per un processo standardizzato.
  • Processi artistici
    Sono quei processi che utilizzano l’alta variabilità dell’ambiente per creare output differenziati, e questa variabilità del prodotto è apprezzata dal cliente come unicità.
    In questo caso, il processo non va standardizzato, ma gestito in maniera completamente diversa (dedicherò un prossimo post alle indicazioni date dagli autori in questo senso).
    Naturalmente, è fondamentale, in questi casi, essere certi dell’apprezzamento da parte dei clienti della variabilità del prodotto.

Mi pare che questa matrice sia davvero, per molti aspetti, rivelatrice.
E che trovi ampia applicazione.
Peraltro, uno degli esempi di processo artistico portati dagli autori è quello della Formazione alla leadership

4 commenti
  1. titti cimmino dice:

    Grazie Luca per questo spunto.
    Convengo sull’approccio artistico come spinta soprattutto al Cambiamento.. e laddove c’è cambiamento di sicuro c’è meno certezza, si sfida lo status quo. Occorre credervi. La leadership consiste nel favorire il cambiamento nel quale si crede.
    A mio avviso dipende molto da una domanda iniziale che precede il processo e quindi il taglio che se ne vuole dare:
    a) “Riuscirò a farlo?” .. e a questa si cerca una affannosa risposta nelle altre tre matrici
    b) “Deciderò di farlo?”.. alla quale si risponde con la matrice artistica.. La sfida sta, a mio avviso, proprio nell’accorgersi che la prima è la domanda sbagliata.. oggi di sicuro più che ieri.
    Titti

  2. Luca dice:

    Grazie Titti per il tuo commento.
    In realtà, l’articolo non mostra una propensione per i processi artistici rispetto a quelli scientifici. Soltanto, mette in guardia dal tentativo (spesso maldestro) di applicare il criterio sbagliato. E questo vale in entrambe le direzioni.

  3. gio 1974 dice:

    per luca:
    i processi artistici ,e quelli scentifici devo essere valutati in ogni singola fase della matrice ,per cui seguirò i processi scientifici fino a che mi danno dei risultati dopo seguirò i processi artisti nei momenti in cui valuto che cè una possibilità di usarli…..

  4. Luca dice:

    In effetti, gli stessi autori da cui ho tratto spunto, stimolano ad una revisione costante della matrice. I processi non devono essere “fossilizzati” in un quadrante, ma messi periodicamente in discussione.

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