E non chiamatelo ufficio

Su Ticonzero, un interessante articolo di Chiara Ferrari sull’impatto della progettazione degli ambienti di lavoro sul rapporto tra azienda e collaboratore.
Si tratta di un impatto complesso, in cui lo spazio divente mediazione simbolica e traduzione dei valori “core” dell’azienda e della sua identità.

Soltanto due spunti (gli approfondimenti li trovate nell’articolo):

Iris Vilnai-Yavetz e Anat Rafaeli scompongono il concetto di Office Design in tre livelli d’analisi:

  1. La dimensione strumentale.
    Ha come obiettivo l’aumento della performance. Tende ad acquisire nuovi significati con l’avvento dei cosiddetti Knowledge Workers, con relativi bisogni di condivisione delle informazioni e delle conoscenze.
  2. La dimensione estetica.
    Ha a che veder con l’esperienza dell’individuo all’interno dell’ambiente di lavoro. Un’esperienza sensoriale che crea (o distrugge) senso di appartenenza.
  3. La dimensione simbolica.
    Ha come obiettivo la traduzione dei valori e della cultura organizzativa all’interno degli ambienti di lavoro.

Vischer schematizza quattro tipologie di relazioni tra gli spazi di lavoro e l’attività dell’organizzazione:

  1. Relazione di valore negativo: l’ambiente ostacola lo svolgimento del lavoro
  2. Relazione di valore neutro: l’ambiente è uno scenario passivo del lavoro
  3. Relazione di valore positivo: lo spazio facilita lo svolgimento del lavoro
  4. Relazione in cui lo spazio diventa esso stesso strumento per il lavoro, accrescendo il valore dell’attività svolta nell’organizzazione.

Insomma, non chiamiamoli più semplicemente uffici…

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