L’arte di raccontare storie
Raccontare una storia è un buon modo, in genere, per iniziare un intervento in pubblico: rompe il ghiaccio e introduce in maniera soft idee e concetti che poi potranno essere sviluppati durante l’esposizione.
Durante i corsi di comunicazione in pubblico, analizzo spesso esposizioni che illustrano questa che, più che una tecnica, è una vera e propria arte.
Uno dei video che analizzo con maggiore frequenza è uno spezzone di Pickwick, trasmissione presentata da Alessandro Baricco. Che, per quel che ci capisco io, a raccontare storie è davvero bravo.
Mi piace in particolare la prima parte della seconda puntata, quando Baricco parla dell’opera dello scrittore Jurg Federspiel.
E mi piace per due motivi: perché la struttura utilizzata da Baricco è davvero interessante, e per come è bravo a rendere viva la storia.
Rendere vive le storie
Questa è la trascrizione dell’inizio della puntata di Pickwick:
Due giorni dopo la battaglia di Austerlitz, un uomo a cavallo arrivò al lago di Costanza.
Due giorni dopo la battaglia di Austerlitz, un ussaro a cavallo arriva sul bordo del lago di Costanza.
È pieno inverno, è tutto gelato, il lago, e c’è neve intorno.
Fa così freddo che, se volesse, l’ussaro non potrebbe nemmeno togliere la sciabola dal fodero, incrostata di ghiaccio.
È fermo, davanti a questo lago.
E tutto intorno escono dalle case, dalle baracche i contadini e cominciano a gridare “Non andare! Si romperà il ghiaccio. Morirai.”
Ed escono le donne dei contadini, ed hanno questi grembiuli bianchi, se li tolgono, e li sventolano in aria.
Il bianco della neve, del ghiaccio, di questi grembiuli.
L’ussaro però guarda intorno a sè, guarda il ghiaccio, guarda la neve, guarda i contadini, guarda questi grembiuli bianchi che sventolano nell’aria, sprona il cavallo e parte al galoppo.
E tutti si fermano e lo guardano galoppare lungo il lago, e scomparire nella nebbia.
E, da questo punto in avanti, inizia un spiegazione di quest’immagine.
Una spiegazione che a me piace molto, e che vi invito ad ascoltare.
Il primo motivo, dunque, per cui ho scelto questo spezzone.
Raccontata da Baricco questa piccola storia dell’ussaro è vivida. È una di quelle immagini che ti si stampano nella mente, e che portano con sè domande.
Ad alcune di queste domande Baricco risponde pochi secondi dopo.
Ma che cosa rende così vivida quest’immagine. Dopotutto, si tratta di un ussaro che cerca di attraversare il lago di Costanza. E, detto così, non è che susciti grande curiosità.
La mia opinione è che a trasformare un episodio in una storia ben raccontata sia la capacità di farcire la storia con dei dettagli che possiamo definire inutili nell’ottica dell’obiettivo della presentazione, ma che, invece, sono utilissimi per dare vita al racconto.
La spada che, anche se l’ussaro lo volesse, non potrebbe togliere dal fodero.
Le donne che escono dalle case, i loro grembiuli bianchi.
Nell’economia della storia che Baricco vuole raccontare e del concetto che esprime questi dettagli sono assolutamente irrilevanti.
Eppure, fanno la differenza nell’impatto del racconto sul pubblico.
La struttura del racconto
Un secondo elemento che mi sembra renda questa presentazione davvero bella è la struttura dell’utilizzo della storia.
Baricco narra l’inizio della storia. Poi si interrompe e ne illustra il senso: introduce il concetto lasciando in sospeso il finale.
Ce l’ha poi fatta, l’ussaro, ad attraversare il lago?
Questa domanda rimane aperta per alcuni minuti. Il tempo che a Baricco serve per darci la chiave di lettura di quest’immagine, e anche delle immagini che seguiranno.
Poi, il finale viene svelato.
Beh, volevo aggiungere che l’ussaro il lago riesce ad attraversarlo…
Attraversa il lago di Costanza, vivo, l’ussaro. E poi attraversa villaggi, paesi, valli…
Termina la storia, e, al termine, un’altra immagine che rafforza ulteriormente il concetto illustrato prima.
Naturalmente, non sempre è possibile utilizzare questo tipo di struttura.
Molto spesso il concetto che cardine della storia è contenuto nel finale. E, allora, non lo si può lasciare in sospeso.
Quando è possibile, però, questo mi pare un bel modo di raccontare storie.
Sul tema del public speaking e di come costruire una strategia di comunicazione in pubblico ho scritto un libro: Il design delle idee (Egea Editore). Più informazioni qui
Certo è che Baricco è uno che con la penna gioca come vuole. Ha un senso del ritmo molto affascinante. Altro italiano che ben racconta è Tabucchi, “Notturno indiano” è un capolavoro ineguagliabile. per tacer di Calvino, ma non si smetterebbe mai. Tra gli indiani, grandi scrittori, Seth e Chandra hanno una marcia in più.
Il bello delle storie è proprio questo: utilizzare elementi “grafici” per rendere maggiormente pregnante l’immagine che esse veicolano. Il ritmo gioca un grande ruolo, così come – nella narrazione – lo strascico vocale di chi racconta.
A volte un racconto in parole, stringato e che evoca molte emozioni, è molto più efficace di una documentazione. Chi ha visto “The Hurricane” con Denzel Wasington e conosce l’omonima canzone di Bob Dylan può probabilmente convenire che in otto minuti Dylan racconta la storia molto meglio di quanto non facciano i primi 70 del film.
Ha ragione Luca: quella di raccontare storie è un’arte.
Grazie Nicola.
E, come in tutte le arti, bisogna fare incontrare il talento con il duro lavoro…
Ciao Luca,
sto scrivendo un nuovo ebook sulle migliori forme per aprire i prorpi interventi in pubblico e dato che uso moltissimo la tecnica della storia, ho trovato in rete questo tuo blog e letto con vivo interesse il post.
Mi è talmente piaciuto, che ho riportato le prime righe e Ti ho anche citato nel mio ebook.
Un abbraccio
Giancarlo Fornei
Formatore Motivazionale, Scrittore & Mental Coach
“Il Coach delle Donne”
Grazie Giancarlo.
Mi fa molto piacere.
Spero di leggere presto il tuo e-book