Lodare l’impegno, non l’intelligenza
Sul numero di Giugno di Mente & Cervello, un articolo in cui Carol S. Dweck rende conto delle sue ricerche.
La Dweck ha dimostrato che lodare l’intelligenza di un bambino lo rende più fragile, perché fa passare una concezione statica dell’intelligenza, secondo la quale quest’ultima è un attributo di cui ciascuno possiede una determinata quantità, immutabile. Chi sposa questa visione si sente personalmente minacciato dagli errori, perché li attribuisce ad una carenza immutabile. Si sottrae alle sfide per minimizzare il rischio di errore e per non apparire poco intelligente, evita gli sforzi nella convinzione che il doversi impegnare sia un sintomo di scarse capacità “innate”.
Meglio, quindi, lodare l’impegno invece che l’intelligenza, portando l’attenzione del bambino sulle azioni che lo hanno portato ad ottenere un buon risultato. Questo tipo di lode riguarda l’impegno profuso, le strategie adottate, la concentrazione posta sul compito, la tenacia che ha portato a superare le difficoltà, la volontà di confrontarsi con le sfide.
In questo modo si stimola una visione dell’intelligenza come una proprietà modificabile e suscettibile di essere accresciuta attraverso l’impegno, e si orientano i bambini a padroneggiare le situazioni. Chi porta con sè la convinzione di poter migliorare le proprie capacità è stimolato a farlo. Pensando che i propri errori sono il frutto di una mancanza di impegno e non di scarse capacità, tende a rimediare moltiplicando i propri sforzi. Le sfide, in questa visione, rappresentano uno stimolo più che una minaccia.
Ecco alcuni esempi di lodi positive, presentati dalla stessa autrice:
- Hai studiato davvero bene per questa interrogazione. Hai riletto il capitolo più volte, hai sottolineato le parti importanti e hai ripetuto da solo.
- Mi piace il modo in cui hai tentato varie strategie per risolvere il problema di matematica fino a trovare quella giusta
- Accipicchia, questa è difficile. Stavolta ci divertiamo!
- Gli errori sono interessanti: ecco un errore meraviglioso. Vediamo che cosa ci permette di imparare.
- Parliamo un po’ delle cose difficili che abbiamo affrontato oggi, e di cosa ci hanno insegnato.
Genitori e insegnanti possono anche insegnare ai bambini a imparare divertendosi, esprimendo giudizi positivi sulle sfide, sullo sforzo necessario e sugli errori possibili.
L’articolo si conclude sottolineando come “Tutto ciò non vale solo per la scuola, ma per ogni impresa umana. Il talento, e perfino il genio, non è il prodotto spontaneo di una vocazione, ma il risultato di anni di passione e dedizione. Mozart, Edison, Marie Curie, Darwin, Cézanne non avevano solo un dono innato: coltivarono il proprio talento con sforzi immensi e continui. Favorendo nei nostri figli una visione incrementale dell’intelligenza, daremo loro gli strumenti giusti per riuscire nella vita”.
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