Monocronico e policronico
Sottolineavo qualche giorno fa come la composizione dei Team in Lazard mi ricordasse gli studi su monocronicità e policronicità
Questi due termini sono stati utilizzati per la prima volta dall’antropologo Edward T. Hall, che, per lo studio delle differenze culturali tra diverse società, identificò dei modelli strutturali a cui poter paragonare, di volta in volta, i tratti sociali caratteristici delle varie comunità umane. Definì, quindi, due modelli estremi: le culture “high context” e le culture “low context”, caratterizzati da una serie di norme non scritte sull’uso del tempo, dello spazio, delle cose materiali, e poi sulle relazioni sociali, amicali, parentali. Tra questi due estremi, poteva così collocare le comunità oggetto dei suoi studi, a seconda delle caratteristiche espresse in ciascuno di questi ambiti. Una parte rilevante di questo modello riguarda il tempo, descritto come una sorta di “linguaggio silenzioso” che comunica significati e che pone ordine tra le attività. Hall, così, ha individuato due modelli di relazione con il tempo e di organizzazione molto diversi, spesso in contrasto tra loro: il tempo monocronico (tipico delle culture “low context”) e il tempo policronico (tipico delle culture “high context”).
In particolare, secondo questo modello, le culture Occidentali e Nord Europee tendono a concentrare l’attenzione su una sola attività per volta, attribuendo grande importanza allo sviluppo di piani e alla loro esecuzione. Questo approccio è ciò che Hall definisce tempo monocronico. Per chi segue questa impostazione il tempo è una risorsa, (in maniera simile a come lo è, per esempio, il denaro). Può, quindi, essere risparmiato, preventivato, speso, consuntivato.
Il tempo policronico, invece, rappresenta l’approccio tipico delle culture mediorientali e latine. La puntualità è meno importante, e la flessibilità, i cambi di programma, le distrazioni dall’obiettivo sono all’ordine del giorno.
Hall ha posto questa distinzione parlando di società e culture.
Gli studi successivi hanno traslato questo approccio verso lo studio del rapporto individuale e personale con il tempo, al di là della cultura di appartenenza.
Lo schema che segue, elaborato dallo stesso Hall, rimarca dieci differenze tra culture (o persone) monocroniche e policroniche.
Le persone monocroniche
- Fanno una cosa per volta
- Si concentrano sul lavoro
- Prendono gli impegni legati al tempo (scadenze, programmazione) molto seriamente
- Agiscono in una logica low-context ed hanno bisogno di informazioni
- Sono coinvolte dal lavoro
- Aderiscono in maniera religiosa ai piani
- Si preoccupano di non disturbare gli altri; seguono le regole della privacy e della premura
- Mostrano grande rispetto per la proprietà privata; prendono in prestito o prestano con molta difficoltà
- Esaltano la puntualità
- Sono abituate a relazioni di breve periodo
Le persone policroniche, al contrario,
- Fanno molte cose contemporanemente
- Si distraggono e interrompono facilmente
- Considerano che un obiettivo si debba raggiungere, se possibile
- Agiscono in una logica high-context e possiedono di già le informazioni
- Sono coinvolte dalle relazioni umane e dalle persone
- Cambiano piano spesso e facilmente
- Si preoccupano di più di coloro ai quali sono legati (famiglia, amici, colleghi stretti), piuttosto che della privacy
- Prestano e prendono in prestito spesso e facilmente
- Basano la puntualità sulle relazioni
- Hanno una forte tendenza a costruire relazioni che durano per tutta la vita
Che cosa c’entra tutto questo con i Team in Lazard?
Normalmente le persone monocroniche tendono a preferire team organizzati secondo scadenze e procedure, le persone policroniche (e lo si può comprendere dalla lista delle loro caratteristiche) tendono a prediligere team più flessibili e meno burocratizzati.
I team di cui parla Wasserstein, quindi, sembrano adatti ad attrarre soprattutto persone policroniche, come egli stesso (con altre parole) sostiene.
E questo, in ottica di teambuilding, teamwork e team management, ha una sua logica, visto che i suoi team hanno bisogno di flessibilità, capacità relazionali e sensibilità alla lettura del contesto.
L’equilibrio tra la dimensione monocronica e la dimensione policronica nel rapporto con il tempo rappresenta sempre un’alchimia difficile da realizzare nelle organizzazioni. Ci sono alcune considerazioni interessanti da fare al riguardo.
Ne riparliamo alla prima occasione.
Mi preoccupa sempre un po’ catalogare e inquadrare le persone in gruppi definiti da caratteristiche specifiche, io stessa credo di riconoscermi in aspetti dell’uno e dell’altro gruppo e la stessa cosa posso dire di molte persone che conosco. Inoltre, anche se credo nel lavoro di gruppo e nella collaborazione, vedo che nella sanità (sono un tecnico di radiologia col pallino dell’Empowerment) è molto difficile far accettare ai manager le idee e le teorie di cui leggo molto volentieri sul tuo blog.Mi rispondono che “il troppo sapere aumenta il soffrire”, e si chiude la partita.
Meglio non ammalarsi mai!!!!!
Ciao Elena.
Condivido la tua ultima affermazione… a prescindere dalla sanità italiana, che non mi pare poi tanto male
Per quanto concerne la tua prima affermazione, sono d’accordo che qualsiasi classificazione dei tratti della personalità sia gioco forza una riduzione di complessità.
Ho cercato di parlarne qui:
https://www.lucabaiguini.com/2009/08/modelli-complessita-e-vulgata.html
Ciao
La sanità non è solo quella della lombardia: nel Lazio, in Puglia, in Calabria ed in Sicilia ci sono pochissimi centri di eccellenza, purtroppo mi rendo conto che il cambiamento in sanità è difficile perchè è un ambiente per sua natura restio al cambiamento e ancora legato alla politica, che in ogni caso ferma la mente che vuole organizzare il lavoro secondo orientamenti impostati al risultato ed alla qualità. In questo ambiente molti modelli, di cui leggo anche attraverso il tuo blog, restano solo belle speranze, belle idee.
Grazie comunque per il tuo sito, è una guida entusiasmante, dinamica e stimolante. Ciao
Roberta, Roma.
Grazie Roberta. Io lavoro parecchio in sanità e vedo tante persone che, come te, puntano all’eccellenza. Che dire… non perdere l’entusiasmo! In bocca al lupo…