Altari da costruire e pozioni magiche

I
Ieri ho avuto l’occasione di ascoltare l’antropologo Francesco Remotti.
Ha parlato di una popolazione nigeriana: gli Ibo.
Costruiscono degli altari.
Fanno certamente anche altro. Ma quello che mi interessa è che costruiscono altari.
Impiegano un paio d’anni, una ventina di Ibo, per costruire un altare.
E, appena lo hanno terminato, che fanno?
Lo abbandonano alle interperie e alla distruzione.
Bizzarro.
Gli antropologi hanno una spiegazione per tutto questo: per gli Ibo quel che importa non è il prodotto, ma il processo.
Quel che importa non è l’altare, è l’atto di costruirlo.
Una volta terminata la costruzione, inizia un nuovo processo: quello dell’abbandono e della distruzione.

II
Ieri sera mia moglie ha assistito ad una dimostrazione, di quelle che si fanno casa per casa.
Una di quelle in cui una tua amica cerca di venderti dei prodotti (creme, schiume e altre amenità del genere, nello specifico). E non si rende conto che, così, è un pezzo di amicizia che sta mercificando.
Ma non è questo che ha attratto la mia attenzione.
Maddalena, mia moglie, è rimasta sorpresa dalla quantità di miracoli che una venditrice può promettere.
La chiamerei “sindrome da pozione magica”.
Uno delle maniere più in voga per venderti qualcosa è quella, mi pare, di prometterti una soluzione “per delega” ad un qualsiasi problema.
Vuoi dimagrire? Ecco la pillola!
Natiche sode? Basta una crema!
Pozione magica, appunto.

Che c’entrano gli altari da costruire con le pozioni magiche?
Non so se siete d’accordo: a me sembrano due metafore della vita.
L’attenzione al processo contro l’attenzione esclusiva al risultato.
Oggi mi viene da amare la prima.
Perché le pozioni magiche mi sanno di soluzione annichilente.
E mi pare che la vita, al contrario, richieda l’assunzione di responsabilità del realizzare ciò che nessun altro può fare al nostro posto.

3 commenti
  1. silvia dice:

    Lavoro nella P.A. e talvolta mi domando se al risultato ci arriviamo per caso o intenzionalmente ! a parte gli scherzi, lavorare è sempre meglio che non lavorare, perchè come dice Francesco Avallone, l’innovazione dà speranza di un futuro migliore, anche il lavorare la dà. però lavorare senza risultato alla lunga è un po’ frustrante. Le pozioni magiche sono illusioni, effetti placebo. se uno ci vuol credere forse qualche effetto positivo complessivo lo danno. magari uno si convince che sta meglio, si tira su, si mette a dieta e il risultato c’è davvero. oppure è solo una fregatura. io, l’avrai capito, sto molto con i piedi per terra, per esempio non gioco mai alle lotterie. e sulle illussioni che costano, non mi faccio fregare. il mio budget è ristretto. ciao Luca

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  1. Sradicamenti ha detto:

    […] I. Per molte delle tradizioni che Terzani incontra la guarigione non è un episodio, una medicina, un successo ottenuto praticando questo o quel sistema di cura. È un “processo”. Il ristabilirsi del corpo non è che una parte di questo processo, mai l’unica, spesso neppure la più importante, tanto che, per paradosso, la morte non necessariamente sancisce un fallimento. È il percorso che conta, più che il risultato. Si tratta di un processo in cui la fatica e la sofferenza non vengono negati come nemici da sconfiggere. Niente sconti. Anche quando il miracolo è ammesso e cercato è solo una parte marginale della ricerca. In modo un po’ diverso ne avevo già scritto qui. […]

  2. […] Altari da costruire e pozioni magiche […]

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